Brevemente risplendiamo sulla terra

Brevemente risplendiamo sulla terra

Ocean Vuong

Ed. La Nave di Teseo

Ocean Vuong. Segnatevi questo nome. Ocean. Vuong.
Un autore che ha titoli – nella polisemia del termine – meravigliosi. “Cielo notturno con fori d’uscita” (bellissimo debutto poetico), “Brevemente risplendiamo sulla terra” (eccellente primo romanzo).
Quest’ultimo è una discesa nella propria identità, nell’importanza della scrittura, nella durata del nostro risplendere anche dopo esserci spenti. Esistono storie d’amore che raccontano d’amore ed altre che diventano memoria e testimonianza, sovvertendo il significato stesso di famiglia.
Il giovane Ocean ha scritto un romanzo che sembra una lunga lettera alla madre (con la quale da infante ha lasciato il vincitore Vietnam per trasferirsi negli sconfitti Stati Uniti) che contiene l’universale di chi resta uno straniero, un escluso, un diverso, anche quando in realtà non lo sei più. Non esiste fatto intimo che non pretenda, in letteratura, un significato generale.
E Vuong racconta (meravigliosamente tradotto da Claudia Durastanti) di donne e uomini dall’esistenza scavata e ridotta ai minimi termini, in cui il tutto è niente, in cui la pozzanghera è mare, in cui i segni orribili che il tempo incide sui nostri volti sono null’altro che opere d’arte familiare.
Raccontando di sé stesso Vuong racconta di una società come solo un saggio antropologico potrebbe fare. Adeguarsi significa smarrirsi? Integrarsi significa rinnegarsi? Ignorarsi significa rifiutarsi? In questo breve tempo terreno abbiamo proprio bisogno di essere omologati a qualcosa o a qualcuno?
Un autore che cambia linguaggio tra le pagine, mantenendo una poetica da mozzarti il fiato e lasciarti come un cerbiatto che guarda dietro di sé mentre attraversa una strada che esce dalla nebbia.
“INVIDIO LE PAROLE, PER ESSERE CAPACI DI FARE QUELLO CHE NOI NON SIAMO CAPACI, DI DIRE TUTTO DI SÉ RIMANENDOSENE FERME E BASTA”.
​Spesso si va a fondo senza andare in profondità. Ocean Vuong ne è una eccezione.

Paola